Chi sa se Samuel Beckett pensò alla prossemica, quando compose la sceneggiatura di questo dramma. Forse, anzi quasi sicuramente, sì. Ma come può esserci cinestesia, se si è interrati fin sopra la vita? Eppure, c’è. Così come ci fu un canovaccio, un testo narrativo di partenza, magari manoscritto. A ben guardare (o leggere) dal testo teatrale ci fu. Winnie e Willie, interrati, riescono a gesticolare, a muovere le braccia e le mani, a fare incetta di oggetti. E a comunicare nella loro incomunicabilità. Sembra assurdo? Non solamente: è il teatro dell’assurdo. Ma il teatro, che sia assurdo o meno, educa all’ascolto. Pazientemente. Come fa Willie. E anche a comunicare. Come fa Winnie. A ‘fare la cortesia di non piantare in asso di nuovo’, ad ‘aver bisogno dell’altro’. Perché una battuta presuppone un ascolto, fosse anche un abbraccio che non si tocca. E l’ascolto presuppone, dal canto suo, una reazione. Una nuova battuta. O il silenzio.
‘La classe teatro della comunicazione. Dal testo al palcoscenico… Costruire testi teatrali seminario-stage teatrale di formazione per docenti’ è il titolo (elemento paratestuale per eccellenza) del ciclo di seminari rivolto a docenti, che si è tenuto nella sede del Convitto Nazionale ‘Principe di Napoli’ di Assisi, nel settembre dello scorso anno e che è approdato, nell’arco della mattinata del 23 febbraio, alla sua seconda fase, a partire dall’attività laboratoriale, coordinata dalla professoressa-tutor Eliana Terzuoli di Firenze, supervisore del lavoro di didattica teatrale, e riservata, nell’alveo di questa III edizione, agli studenti di quattro scuole del Perugino: il Liceo statale ‘Assunta Pieralli di Perugia (Liceo linguistico; ha collaborato, per la realizzazione delle sceneggiatura e dei costumi degli studenti, la professoressa Rosaria Sciacca, docente di Storia dell’arte), l’I.T.T. ‘Leonardo da Vinci’ di Foligno (indirizzo biotecnologico-sanitario), l’I.I.S. ‘Cavour Marconi Pascal’ di Perugia e l’Istituto di Istruzione Superiore ‘R. Casimiri’ di Gualdo Tadino (liceo scientifico-indirizzo Scienze applicate), che hanno trasposto testi di natura narrativa in commedie e drammi, scrivendone il copione e studiandoli sia dal punto di vista linguistico che da una prospettiva marcatamente letteraria.
Il laboratorio teatrale ‘La classe teatro della comunicazione’ è un progetto promosso da ANILS (la più antica Associazione Nazionale Insegnanti Lingue Straniere, presieduta da Paolo Balboni, docente di Didattica delle lingue moderne alla Ca’ Foscari di Venezia e sponsorizzata dalla casa editrice Loescher, che pubblica la rivista «SELM» e dall’organizzazione EF), e dalla sua declinazione regionale, l’ANILS Umbria, fondata nel 2014, con sede presso il Convitto Nazionale ‘Principe di Napoli’ di Assisi (Rettore, la professoressa Annalisa Boni), e presieduta da Ancilla Maria Antonini, docente di Lingua spagnolo al Liceo Linguistico ‘A. Pieralli’ di Perugia, diretto dalla professoressa Simona Zoncheddu. Proprio ANILS Umbria e il Convitto Nazionale di Assisi, sede dell’associazione, hanno presentato, il 23 febbraio, la seconda fase in cui si è articolato il progetto di didattica teatrale, diretto dalla professoressa-tutor Eliana Terzuoli di Firenze, supervisore dei lavori. Il laboratorio teatrale si svolge ogni anno ad Assisi presso il Convitto Nazionale ‘Principe di Napoli’, sede dell’ANILS Umbria, in quanto il Rettore, la professoressa Annalisa Boni mette a disposizione della manifestazione il teatro della struttura.
La prima fase del progetto, per una durata complessiva di 20 ore, ha riguardato la formazione dei docenti in presenza su tematiche come la comunicazione fatta di linguaggio verbale e non verbale, la prossemica, la cinestesia, il linguaggio teatrale e la sua valenza nella formazione degli insegnanti e degli studenti, e su una serie di esercizi preparatori sul gesto, sull’articolazione delle parole, sulla stesura di racconti, sul mimo, sulla scrittura teatrale vera e propria (elaborazione di scenari, griglie per la costruzione dei personaggi, stesura di script), e, infine, sull’adattamento, sulla riscrittura e sulla messa in scena (trasformazioni formali rispetto al testo di origine, scrittura di regia, ricostruzione dei personaggi dell’intrigo, interpretazione, scenografia, lettura e messa in spazio, assunzione del personaggio, elaborazione di diari di bordo dello stage finalizzati alla riflessione sulla valenza del percorso intrapreso).
La seconda fase, quella realizzata il 23 febbraio, si è focalizzata sulla messa in essere del lavoro laboratoriale portato avanti con le classi delle quattro scuole della provincia di Perugia: dalla stesura del copione in lingua straniera all’allestimento scenico (una terza fase, di 15 ore complessive, in itinere e in fieri, è dedicata ad un momento finale di riflessione dei docenti di lingua straniera (pur non escludendo la presenza di docenti di altre discipline, come le scienze, la musica, le lettere, etc.) sull’itinerario teatrale che ha coinvolto più scuole umbre).
Nello specifico, nella giornata del 23 febbraio, l’indirizzo linguistico del Liceo Statale ‘A. Pieralli’ di Perugia, ha presentato il proprio lavoro di trasposizione di testi narrativi e romanzeschi in testi teatrali: ad esempio, la classe 3L, coordinata dalla professoressa di spagnolo Teresa J. Giannelli, ha proposto, in lingua spagnola, ‘Un pícaro al Pieralli’, tratto dal romanzo picaresco il ‘Lazarillo de Tormes’, mentre, se gli studenti di spagnolo della classe 5O, coordinati dalla professoressa di spagnolo Ancilla Maria Antonini, si sono cimentati, in spagnolo, con ‘Ensayando Niebla’, tratto dal romanzo ‘Niebla’, quelli di tedesco della stessa classe, seguiti dalla professoressa di Lettere, Paola Herbin, hanno lavorato ad un dialogo (riuscito) fra Pirandello e i suoi personaggi (in cerca d’autore): dal Fu Mattia Pascal all’Enrico IV.
Lingue italiana e inglese, invece, per il lavoro di didattica teatrale presentato dalla classe 3H dell’I.T.T. ‘Leonardo da Vinci’ di Foligno (indirizzo biotecnologico-sanitario), ‘La doppia faccia della scienza’, incentrato sulla storia di un virus particolarmente aggressivo: il progetto, coordinato dalla professoressa di Scienze Sofia Perrucci, ha messo in luce come l’ambito scientifico, tutt’altro che asettico, freddo e non adattabile, possa plasmarsi al punto da offrire materia per un dramma teatrale, irrobustendo una delle tesi portate avanti da ANILS, e cioè che il teatro si presti anche a discipline che possono risultare, per certi versi, ‘distanti’.
Ancora, rispettivamente, lingua italiana e lingua inglese per i due lavori portati a compimento dall’I.I.S. ‘Cavour Marconi Pascal’ di Perugia e dall’Istituto di Istruzione Superiore ‘R. Casimiri’ di Gualdo Tadino (Liceo scientifico: indirizzo Scienze applicate). Le classi 1B1 e 1B2 dell’istituto perugino, coordinate dalla docente di Lettere, la professoressa Emanuela Cardinali, hanno presentato due lavori su una riscrittura (deformata dalla lente dell’ironia) della fiaba di Cappuccetto Rosso (dal titolo ‘Cappuccetto Rosso & Company’) e su una trasposizione in chiave teatrale de ‘La ragazza naso’, sulla percezione del sé, a partire, come in questo caso, da un naso grottescamente lungo. La classe 3B della scuola gualdese, infine, sotto la guida delle docenti Oriana Scapeccia (Lingua inglese) e Silvia Natalini (insegnante di sostegno, e docente di Filosofia) ha optato per la proiezione-video di lavori realizzati precedentemente, che sono confluiti in ‘Umani, troppo umani!’, in occasione dell’anniversario dei diritti umani, abbracciando argomenti come quelli, attualissimi, dell’immigrazione e dell’integrazione, ma anche storici o letterari, come il discorso pronunciato da Martin Luther King o le avventure di Robinson Crusoe.
La didattica teatrale si apre, dunque, ad altre discipline, non solo a quelle linguistico-letterarie, sviluppando (anche) capacità cognitive inerenti all’apprendimento e alla memoria a lungo termine: quando si impara un copione, infatti, il concetto di ‘temporalità della memoria’ pare, in qualche modo, disgregarsi. Perché subentra ‘il piacere del testo’. Un’estetica edonistica, dunque, ma anche pedagogica. Ne abbiamo parlato con la professoressa Ancilla Maria Antonini, presidente regionale di ANILS Umbria:
In che modo la didattica teatrale può aprire il proprio spettro semantico all’apprendimento di altre discipline che non siano strettamente linguistiche?
«Imparare una lingua straniera significa entrare in un’altra mentalità, aprirsi ad una nuova visione del mondo, entrare in un’altra cultura, in un altro ‘personaggio’, in senso lato. Permette di superare le difficoltà e l’imbarazzo nel pronunciare nuove parole e nuovi suoni, di acquisire sicurezza e consapevolezza di sé. Una lingua ‘straniera’, per antonomasia, fa sentire ‘strani’, a primo acchito, blocca: credo che il teatro faccia cadere anche questo. La didattica teatrale, però, e la giornata del 23 febbraio lo ha dimostrato, si apre anche ad altre materie, e non solo alle discipline linguistiche. Questo perché, attraverso il laboratorio teatrale, c’è la possibilità di lavorare in modo diverso con altri contenuti: entrando in una data disciplina, gli studenti hanno la possibilità di comunicare e di imparare la materia in modo diverso. Il teatro crea e risponde il/al bisogno di capire. Diventa, dunque, ‘teatro della comunicazione’. Ci permette di capire cosa dicono gli altri. La nostra attenzione, il nostro cervello, come sostengono le neuro-scienze, aprono i propri canali ricettivi, per poter apprendere. Un altro problema cui pone di fronte il teatro è il saper ascoltare gli altri. Il teatro educa a questo. Anche nelle relazioni interpersonali trasversali, come possono essere quelle fra insegnanti e studenti. L’obiettivo che, come associazione, intendiamo perseguire, è quello di far entrare nel nostro laboratorio di didattica teatrale anche specialisti delle neuroscienze, per comprendere meglio quali facoltà cognitive entrano in gioco quando si traspone un testo narrativo in sceneggiatura, in copione, in testo teatrale, insomma».
Samuel Beckett dimostra come possa esserci cinestesia anche in una (parziale) assenza di movimento. Quale ruolo svolge la prossemica in ambito teatrale?
«La prossemica è la disciplina semiologica che indaga il rapporto che intercorre fra persona e spazio: il soggetto risulta coinvolto in modo totale, sia per quanto riguarda l’intelletto, che per quanto concerne i sensi e la comunicazione non verbale del corpo. Questo avviene non solo nella messa in scena fine a se stessa. Permette, infatti, di acquisire una maggiore consapevolezza di sé e di come ci si muove, sia in termini di gestualità, che di tono della voce. Intelletto e sensi, dunque, divengono un’unica forma di comunicazione, come hanno ben dimostrato gli studenti nel corso di questo progetto. Tengo a sottolineare, infatti, la bravura degli alunni nel mettere in pratica tutto ciò».
«Pausa. Willie (in un soffio) Win. Pausa. Winnie guarda davanti a sé. L’espressione felice appare, si fa più intensa. Winnie Win! (Pausa). Oh, ma questo è veramente un giorno felice, sarà stato un altro giorno felice! (Pausa). Dopo tutto (Pausa). Finora».
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