L’angoscia, la paura, vertiginosi picchi di ansia: ecco cosa attende chi avrà il coraggio di avventurarsi tra gli aridi deserti della Terra dei Canguri insieme a Liz, Kristy e Hunter, tre ingenui ragazzi in viaggio verso il parco nazionale di Wolf Creek, per scoprire le selvagge bellezze del suo enorme cratere meteoritico. Ma quando lo psicopatico cacciatore Mick Taylor (John Jarratt) li troverà in giro, i tre si renderanno conto di essere solo gli ultimi bersagli di una lunga serie di prede umane falciate e macellate da un micidiale assassino nascosto sotto ad un inquietante cappello da cowboy, e dovranno mettere mano a tutto il loro ingegno per sfuggire ad un macabro destino.
Come già anticipato, Wolf Creek si avvale di nuovo della formula tensione, si preoccupa di ostentare un pericolo tangibile e onnipresente nei confronti degli sventurati protagonisti, così che il pubblico torni a temere per la loro sorte, e con i pochi mezzi a disposizione il film travalica i luoghi comuni della ghost story per raccontare una vicenda tutta umana, dove ciò che conta è la credibilità: McLean sceglie una fotografia semplice, senza patinature, come del resto ai limiti della banalità è la sceneggiatura, immediata, spontanea e priva di fronzoli, recitata da attori giovani e poco professionali, ma che paradossalmente risultano perfetti in quanto catapultati in un contesto situazionale verosimile e perfettamente coerente, uno stile narrativo assai vicino al documentarismo.
Il fascino dell’horror incrocia dunque abilmente il genere thriller, e lo fa con una regia trasparente e pulita, consapevole di ciò che si poteva fare con quei quattro soldi, e forse per questo estremamente interessante, coraggiosa per non aver esitato a dividere il film in due parti nette: da un lungo prologo volto a dimostrare quanto comuni siano le circostanze in cui crimini possono avvenire si passa solo molto più avanti ad una terrificante caccia all’uomo fra le sabbie rosse del deserto, un luogo inospitale dove Hunter e le sue amiche Kristy e Liz saranno costretti a mettere a nudo tutte le loro doti etiche e collaborare per fuggire più lontano possibile dalla follia omicida del cacciatore.
Wolf Creek non è una pietra miliare né pretende di esserlo, ma colpisce per la sua voglia di proporre finalmente un’opera che non teme la violenza ma non ne abusa nemmeno, un prodotto non fresco ma mascherato ad arte affinché lo sembri, grazie alla schiettezza delle immagini e ad un’ambientazione decisamente scenografica, inedita ed intrigante. Da provare senza esitazione, potrebbe davvero sorprendervi.
VOTO: 7 ½
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