L’itinerario di ‘aspettando Poesiæuropa’ ha analizzato questi ed altri argomenti, riflettendo, ancora una volta, su alcuni temi cruciali del contemporaneo e presentando, in anteprima assoluta, libri usciti durante il lockdown.
Si è conclusa venerdì 25 settembre, con un concerto di Elio Cagnizi Acoustic Quartet, questa edizione ‘speciale’ di ‘Poesiæuropa’, che, inaugurata il 23 settembre, è nata da un’idea dell’Associazione di promozione sociale Spazio Humanities, con il supporto di Umbrò e in collaborazione con il Centro di Poesia & Scritture Contemporanee a cura di Marco Giovenale e Valerio Massaroni. E, ancora, una volta, alla stregua della prima edizione di ‘Poesiæuropa’ – tenutasi nel luglio del 2019 all’Isola Polvese (https://www.umbrocultura.com/poesiaeuropa/) – posta sotto l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo.
«In questo 2020, aspettando di poterci ritrovare per una futura edizione a tutto tondo di Poesiæuropa, proponiamo tre giornate d’eccezione». A dichiararlo, Maria Borio, presidente dell’associazione di promozione sociale Spazio Humanities che, da inizio 2020, gestisce anche il progetto culturale Umbrò Cultura, volto a proporre iniziative sperimentali e innovative incentrate sulla poesia, la narrativa, la storia, la filosofia, le arti visive e la musica al fine di valorizzare la ricerca in ambito culturale. Nello spirito dell’iniziativa Poesiæuropa, che riflette sul valore delle radici umanistiche e sulla situazione culturale e politica europea a partire dalle voci della poesia, sono stati presentati alcuni libri usciti durante il lockdown e il dialogo si è incentrato su alcuni aspetti dell’immaginario del tempo che stiamo vivendo. Nella difficoltà contingente di poter allestire un evento come Poesiæuropa – nato con una radice internazionale, che ha ricevuto l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e che lo ha riconfermato per questa edizione e per i prossimi tre anni –, difficoltà condivisa con molte altre attività vitali per lo sviluppo e l’innovazione culturale, l’APS Spazio Humanities ha deciso, infatti, di non proporre un’edizione completa, ma un interim: un momento transitorio in cui il bilancio dei mesi trascorsi e l’attesa per i tempi a venire auspichino una costruzione di progetti. Il motto dell’associazione Spazio Humanities è, dunque, ‘costruiamo visioni!’. Un motto che è stato condiviso con tutti i partecipanti all’iniziativa.
L’attenzione è stata focalizzata su libri usciti durante il lockdown, a cui nessun incontro era stato finora dedicato in maniera programmatica. Tra gli autori presenti, Laura Pugno e Giulio Mozzi con il loro lavoro di scrittura in coppia sul senso della letteratura al presente; Marco Giovenale e Vincenzo Ostuni con uno spaccato sulla poesia di lingua francese; Elisa Biagini e Federico Italiano con libri che affrontano il rapporto tra uomo, natura e politica, e la poetessa inglese Alice Oswald insieme ai traduttori Rossella Pretto e Marco Sonzogni. Spazio, inoltre, a giovani autori, con la presentazione della collana di Interlinea ‘Lyra giovani’ curata da Franco Buffoni, e un reading in presenza che si è tenuto nella giornata conclusiva del 25 settembre. Le case editrici coinvolte sono state: Archinto, Amos Edizioni, Ben-Way Series, Einaudi, Elliot, Interlinea, Interno Poesia, MarcosyMarcos, Terra d’ulivi Edizioni, Sonzogno. Da mercoledì 23 settembre a venerdì 25 settembre, dalle ore 18:00 alle ore 20:00, gli incontri sono stati pensati per un doppio canale di fruizione: le giornate di mercoledì 23 e giovedì 24 si sono svolte via StreamYard e sono state rese fruibili ai numerosi partecipanti attraverso la pagina facebook Umbrò Cultura (https://www.facebook.com/umbrocultura/). Nella giornata di venerdì 25, invece, si è svolto in presenza e all’interno della Sala Muro di Umbrò, in via S. Ercolano a Perugia, un reading di quattro giovani autori: Franca Mancinelli, Dimitri Milleri, Bernardo Pacini, Federica Ziarelli. Dopo la lettura, a partire dalle 21, si è tenuto un after reading con Elio Cagnizi Acoustic Quartet in concerto – Toti Panzanelli-chitarra; Andrea Rellini-violoncello; Nicola Polidori-batteria; Elio Cagnizi-basso e voce – con brani di musica inedita e edita.
Il primo incontro di mercoledì 23 settembre, con Elisa Biagini e Federico Italiano, si è incentrato sul dialogo intorno a due libri degli stessi autori, usciti in pieno lockdown: rispettivamente, Filamenti di Elisa Biagini e Habitat di Federico Italiano. Queste due opere sono legate a doppio filo dai temi antropologici e storici qui attraversati, dal rapporto tra storia personale e non, dal concetto di habitat personale che si traduce in habitat biologico e nello spazio dell’abitare, come ben messo in luce dalla lettura di alcune poesie da parte dei due autori. C’è poi una costante ricerca condotta sulla lingua, sull’esercizio di traduzione, su un desiderio di leggere, nello spazio di natura della poesia italiana contemporanea, meno retorica. La poesia, specie quella del 2020 – un anno, quest’ultimo, di bilanci –, può avere ancora una funzione di pulizia della lingua dagli elementi retorici che la rendono pesante e inutile.
Spazio, durante il secondo incontro di mercoledì 23 settembre, con Marco Giovenale e Vincenzo Ostuni, a un dialogo sulla scrittrice francese Nathalie Quintane, autrice, fra le altre opere, di Osservazioni, libro uscito oltralpe nel 1997 e tradotto in italiano nel 2003. Avvezza a performance del tutto diverse da quelle cui gli spettatori sono solitamente abituati – il riferimento è alla partecipazione della Quintane a un festival di poesia barcellonese del 2003, durante la quale l’autrice legge alcuni testi francesi tratti da Osservazioni in un inglese non simmetrico rispetto al testo di partenza e lo fa volgendo le spalle al pubblico e alla lingua stessa –, la Quintane organizza i testi di Osservazioni distribuendoli in tre parti, connotate da una sostanziale brevità, da un gioco continuo intorno alla soglia dell’apparente e del non apparente, da una non dis-identificazione, ovvero da un non rifiuto della posizione dell’io, che la scrittrice definisce ‘la parte più politica di ciò che cerco di fare’. ‘Mi faccio da cavia – ha dichiarato la Quintane – perché sono come tutti gli altri’. Quella che emerge è, dunque, una posizione liberale e non ingenua: il problema è la posizione di questo suo ‘io’ rispetto al mondo, un io che è enunciatore dei testi che scrive. Un altro filone di ricerca costante si incentra sul ricorso ad una scrittura senza orpelli e non assertiva, che chiede al lettore di riconoscere ciò che viene detto, togliendogli dei riferimenti, disattendendo di elaborare la sintassi da un punto di vista classico, privandolo della performance in senso proprio. Tutto ciò è stato avvalorato con la lettura di alcuni passi tratti dalle tre parti di cui si compone Osservazioni, un’opera che implica un effetto di straniamento nel lettore e che lo induce ad interpretare i testi (anche) con una risata: la risata è, infatti, uno degli esiti interpretativi legittimi del lavoro della Quintane, che focalizza la sua attenzione sull’oggetto e non su ciò che l’oggetto dovrebbe significare.
Gli incontri di giovedì 24 settembre – in ordine: Oracoli nel presente con Laura Pugno e Giulio Mozzi e mediazione di Maria Borio ed Elena Zuccaccia; Lyra giovani. Una collana di poesia con Franco Buffoni, Tommaso Di Dio, Samir Galal Mohamed e Angelo Nestore; Memorial. I classici, il contemporaneo con Alice Oswald, Rossella Pretto e Marco Sonzogni – hanno teso a presentare altri libri usciti durante il lockdown e a dialogare intorno a questi.
Nello specifico, Laura Pugno e Giulio Mozzi si sono confrontati su Oracolo manuale per poete e poeti (Sonzogno), libro ‘fratello’ di Oracolo manuale per scrittori e scrittrici pubblicato dalla stessa casa editrice, ‘qualcosa di uguale e diverso insieme’, come l’ha definito lo stesso Giulio Mozzi. Laura Pugno si è, dunque, inserita su un modello preesistente, appropriandosi della parte di commento al testo, consapevole che esistono, nel panorama letterario contemporaneo, dei libri che parlano della poesia in altro modo e da punti di vista diversi rispetto a quelli di metrica e di tecnica della versificazione: sono libri che parlano intorno alla poesia, in un momento in cui la narrativa tiene il passo. Ma la poesia, da tempo confinata ‘nel terzo paesaggio dell’editoria’, sta tornando ora verso il centro, presentandosi come un ragionamento su se stessa. Questo Oracolo è un appello all’unità del corpo con la mente, in quanto la poesia è una forma di conoscenza e di pensiero. La consultazione e l’apprendimento non arrivano in modo normativo, secondo la retorica occidentale, ma seguono, qui, un altro tipo di itinerario: il messaggio giunge in forma sintetica e illuminante, potenzialmente aperta, nella quale il lettore può entrare in modo poroso e non consequenziale. Un gioco intellettuale, dunque, desunto anche dall’esperienza di insegnamento di Giulio Mozzi: ‘insegnando – afferma – ho imparato a discutere con gli allievi circa il lavoro che stiamo facendo sul testo’. Diversi, poi, i passi dell’Oracolo letti dai due autori: ‘Disegna una mappa della tua poesia’ è quello che ci è sembrato più calzante. Cosa significa? Questa mappa è coerente? Produce senso? Si tratta di una mappa interiore o, piuttosto, di una genealogia? Coincide con un andare indietro nel tempo o con un visualizzare la poesia stessa? Un esortativo resta fermo quando si disegna la mappa di una poesia: ‘traducete le immagini in parole’.
Successivamente, in occasione del secondo incontro di giovedì 24 settembre, Franco Buffoni ha presentato alcuni libri di tre giovani autori, trentenni, che, insieme ad altri, tra cui Maria Borio, hanno partecipato alla collana di poesia Lyra giovani, edita per i tipi di Interlinea. Un libro cartesiano, Verso le stelle glaciali di Tommaso Di Dio, un libro geometrico anche nella distribuzione delle poesie, un libro che sogna un metodo e che costruisce un progetto, orientando il lettore con mappe e componimenti notturni disposti alla fine di ogni sezione. Un libro in cui trovarsi, ma in cui ci si può anche perdere, seguendo la traiettoria di ‘stelle glaciali’, ovvero di stelle alla fine della loro vita, quando si accingono a rimanere delle pure attrazioni gravitanti. Damnatio memoriæ, il titolo del libro di Samir Galal Mohamed, dove la condanna della memoria coincide con la ricerca di salvaguardare e con la consapevolezza che, crescendo, qualcosa si perde. Si tratta, allora, di un meccanismo di autodifesa finalizzato a salvare qualcosa. I corpi a mezzanotte di Angelo Nestore, invece, a differenza dei due libri precedenti, non è ancora uscito (la pubblicazione è prevista per fine anno): un’opera in cui il giovane autore trapiantato a Malaga torna all’italiano e lo fa rimanendo ancorato a ‘un ambito surrealista e simbolista’ e a un ‘Barocco-rock’, come l’ha definito Buffoni, di matrice castigliana e salentina. L’indagine è focalizzata sul corpo e sulla sua importanza nel nostro secolo, sul corpo all’ombra di tanti discorsi e sui riti di consapevolezza di ciò che il corpo stesso significa.
Il terzo incontro della giornata di giovedì 24 è stato dedicato all’opera Memorial della scrittrice Alice Oswald e al lavoro di traduzione italiana compiuto da Rossella Pretto e Marco Sonzogni. Si tratta di un lavoro archeologico condotto sull’Iliade, lavoro che permette di portare alla luce qualcosa di antico e ancestrale. Un’opera, dunque, che ha a che fare con la memoria, con la tradizione orale, con il canone letterario occidentale e che conduce, come già detto, un lavoro e uno scavo archeologici sul materiale di partenza, partendo da uno scarto: la focalizzazione sull’essere umano vicino alla morte e sul conseguente lamento dei padri e delle madri. Accantonate le parti strettamente narrative dell’Iliade, infatti, il focus dell’opera si è incentrato sul catalogo degli eroi morti, sulle loro biografie e sulla coda di similitudini che correda il testo. Nonché sulla luminosità, sul bagliore che cattura gli ultimi momenti di un uomo. Un uomo soggetto al caos e non più al volere degli dèi.
L’ultima giornata, quella di venerdì 25 settembre, si è svolta, a differenza delle prime due, in presenza, nella cornice della Sala Muro di Umbrò, a Perugia. Ospiti del reading Attraversamenti, proiezioni, passaggi, quattro giovani autori: Franca Mancinelli, autrice di Tutti gli occhi che ho aperto, Federica Ziarelli con il suo In erba, Dimitri Milleri con Sistemi e Bernardo Pacini con Fly mode. Dagli alberi maestri di Franca Mancinelli – e dalle ferite dei loro tronchi molto segnati che offrono nuove possibilità di sguardo e di uscita dalla propria individualità per essere altro e, quindi, per intraprendere una metamorfosi – all’abbassamento di Federica Ziarelli alla statura di sua figlia-bambina nel suo In erba – al fine di descrivere il mondo dell’infanzia e l’infanzia del mondo da uno prospettiva altra, con uno sguardo non ancora ammorbato, vergine, capace di provare stupore e meraviglia con chiare caratteristiche profetiche e chiaroveggenti –, passando per il conflitto con la realtà come zona difficile a cui accedere, come qualcosa che a volte si esperisce in modo passivo – è questo il caso di Sistemi di Dimitri Milleri, che indaga il suo sé quale struttura fra altre strutture biologiche – e per la modalità con cui il drone, identificato con l’io poetico in Fly mode di Bernardo Pacini, offre una prospettiva sul mondo e permette di liberare il poeta dalla zavorra umana e di dare lui una facoltà tecnologica. Sono stati solo alcuni dei temi indagati dai quattro giovani autori, a chiusura, con il concerto di Elio Cagnizi Acoustic Quartet, della seconda edizione sui generis di ‘aspettando Poesiæuropa’, in attesa – da qui il gerundio – di ritrovare di nuovo questi ed altri scrittori e intellettuali sull’Isola Polvese nel 2021.
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